13 de fev. de 2011

La lingua italiana

IERI...
ORIGINE DELLA LINGUA ITALIANA
Al tempo dell’antico Impero, a Roma e nei territori da essa conquistati si parlava il latino. A questa lingua ufficiale si mescolarono via via numerosi vocaboli appartenenti alla lingua delle popolazioni che vivevano nelle diverse regioni e di quelle che in seguito le invasero. Dopo la caduta dell’Impero romano, il latino rimase la lingua delle persone colte, mentre il popolo (volgo) usava il volgare locale (cioè un latino misto a parole ed espressioni straniere). All’epoca dei Comuni si cominciò ad usare il volgare locale, invece del latino, anche nelle opere scritte.
Nel 1300 alcuni scrittori toscani, tra cui Dante, scrissero le loro opere nel volgare parlato a Firenze. Questi capolavori si diffusero in tutta l’Italia, suscitando in altri scrittori il desiderio di usare il fiorentino. Così, un po’ alla volta, il volgare parlato a Firenze fu conosciuto e usato in tutte le regioni italiane; divenne cioè la lingua nazionale*.
Adattato da un libro delle elementari


*La lingua italiana viene chiamata anche ‘la lingua di Dante’ e ‘la ligua del dolce sì’.

E OGGI...

L’UNITÀ LINGUISTICA È MERITO DELLA TELEVISIONE

A Unità avvenuta (1861), l’italiano restava comunque una lingua letteraria che soltanto il 2,5% della popolazione era in grado di parlare e comprendere. Non solo, 8 italiani su 10 erano analfabeti e la scuola (elementare) divenne obbligatoria solo nel 1877. “La vera unificazione linguistica l’hanno fatta la scuola, ma soprattutto la televisione” conferma Tulio De Mauro, uno dei maggiori linguisti italiani.
Le parole più usate? Fare, sentire, dire, problema, lavorare, mangiare.



 La prima versione degli spot della Rai sui 150 anni dell'Unità d'Italia al centro di numerose polemiche. Per saperne di più.

L’INGLESE È UNA BRUTTA MALATTIA

L’inglese è la lingua universale della civiltà tecnologica. Resistere è sempre più difficile. Ci sono parole inglesi che i linguistici chiamano prestiti necessari (come per esempio rock).E molti sono i prestiti di necessità, ovvero non traducibili con lemmi già esistenti: kit, jeans, film, killer, partner, okay, puzzle, scout, spray, west, punk, rock; lessico finanziario come budget, marketing, meeting, business; informatico come click, cliccare, computer, formattare, hardware, software, mouse, blog (da web-log); sportivi come goal, corner, cross, assist, baseball, basket.
Poi ci sono termini “in sovrappiù” che indicano oggetti e concetti per cui già esistono termini italiani: sono i cosiddetti prestiti di lusso (come per esempio “drink”, “weekend”, “privacy”, “ok”, ecc.). Da quest’ultima mania è meglio tenersi alla larga!


I DIALETTI NON STANNO SCOMPARENDO

E ADESSO DECADE ANCHE LA GRAMMATICA

Era inevitabile: diventata una lingua viva, anche l’italiano ha cominciato a modificarsi. Il passato remoto è praticamente scomparso e la stessa sorte toccherà al congiuntivo. La vera novità è che si nota la tendenza alla paratassi non solo nella lingua parlata, da sempre più “sciolta”, ma anche dell’italiano scritto. Che sia l’effetto della prosa dei giornali?
I dati dell’ultima ricerca ISTAT (2006) smentiscono la credenza diffusa che i dialetti si stiano estinguendo, poiché è ancora significativo l’uso misto di italiano e dialetto nei tre contesti relazionali considerati: in famiglia si parla sia l’italiano sia il dialetto il 32,5% delle persone di 6 anni e più, con gli amici il 32,8% e con gli estranei il 19%. Inoltre è aumentato l’uso misto di italiano e dialetto(dal 24,9% del 1988 al 32,5% del 2006).
QUELLI CHE PARLANO IN GERGO
Il destino del linguaggio giovanile (la generazione 20 parole) non ha vie di mezzo nell’italiano comune. Così si nota la tendenza alla diffusione nell’italiano contemporaneo di suffissi in – oso (parloso) o in –aro (casinaro) anch’essi prediletti dai più giovani. Parole come ‘scialla’, ‘truzzo’, ‘emo’, ‘bella’ fanno parte del nuovo gergo degli under 18, fatto da termini irreverenti, creativi e che cambiano di continuo.

Guarda questo servizio del Tg1 che parla di questo fenomeno: http://www.youtube.com/watch?v=aA9_a5f0fo4&feature=related

CAPITOLO PAROLACCE
Le maleparole (questa è una conclusione del citato Tullio De Mauro) sono le stesse dappertutto. “Leader” fra le maleparole è ovviamente “cazzo” in espressioni esclamative o interrogative: “Non hai fatto un “cazzo”!” “Ma che cazzo vuoi?”. L’uso proprio di tale parola è viceversa molto raro. Un’ultima curiosità! Il massimo della volgarità non è stato registrato nelle conversazioni faccia a faccia, ma al telefono!!!
Adattato da Focus e tratto da Sapore d’Italia
LESSICO
mescolare – unire due o più componenti diversi in modo da formare un nuovo insieme
invadere – occupare con violenza un territorio, dilagare
colto – istruito
suscitare – provocare
sfiorare – toccare in superficie
tenersi alla larga – stare lontano
paratassi (la) – coordinazione di due frasi principali (si contrappone all’ipotassi)
smentire – negare, ritrattare
prevalere – dominare, essere superiore, primeggiare
nettamente – in modo più preciso e chiaro, esplicito
suffisso – elemento linguistico che posposto alla radice concorre alla formazione di una parola (es. oso)

PER LA DISCUSSIONE

1. Che ne pensi del linguaggio dei giovani? E della mania dei neologismi?
2. Pensi che le brutte parole siano solo volgari o necessarie per esprimere sentimenti particolari?

ESERCIZIO LESSICALE
Potresti tradurre in italiano le espressioni sottoindicate specificando da quale lingua derivano? Rispondi nello spazio ‘Commenti’.
1. leader
2. drink
3. los dineros
4. out
5. pullover
6. alibi
7. in
8. mania
9. boutique
10. o.k.
11. chic
12. sui generis
13. star
14. gratis
15. réclame
16. party
17. chèque
18. bouquet
19. terapia
20. tema
21. dossier


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